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L’Espresso delira di nuovo: Enea e gli Etruschi “erano turchi” 
di Ninni Raimondi
 
L’Espresso delira di nuovo: Enea e gli Etruschi “erano turchi” 
 
 
Ancora una volta, purtroppo, ci troviamo a parlare di Cancel Culture e della manipolazione progressista della nostra storia. Oggi la nuova vulgata iconoclasta non se la prende con periodi storici recenti, come Fascismo, colonialismo, etc; ma bensì con le nostre più antiche e mitiche radici. Nel mirino delle strampalate, quanto blasfeme tesi delle cattedre contemporanee, purtroppo sono finiti ancora Enea e Virgilio. 
 
Multiculturalità o disidentità? 
L’occasione per questo ennesimo attentato alla storia d’Italia, è una mostra recentemente inaugurata a Roma, al Foro Romano, che esaltata da L’Espresso di Repubblica: “aiuta a mettere a fuoco le origini multietniche dell’antica Roma”. A firma Angiola Codacci-Pisanelli, l’articolo descrive un Enea turco. Una Troia turca. Gli antichi Greci, turchi. Le origini turche di Etruschi e Romani, turchi. Anche se la Turchia ancora non era nata e al tempo l’Anatolia era abitata da popoli greci che professavano culti religiosi politeisti, ben lontani dal monoteismo semita; sia esso cristiano o islamico. “Mamma li turchi” insomma! Si, perché fallita la conquista militare ottomana d’Italia, ora sono i nostri stessi “professionisti” a portarci in casa gli antichi antagonisti di Roma. Provano a farlo fin dalla sua stessa culla e lo fanno rivisitando e profanando l’Eneide di Virgilio, attribuendo all’Ulisse italico, radici slegate dal mito stesso narrato da Virgilio. 
 
Ma quale turco?! Enea tornava alla propria patria 
Per gli autori dell’articolo, mentre Ulisse cerca di tornare a casa, Enea sarebbe stato invece un esule in fuga verso una “nuova patria”, divenuto “simbolo delle migrazioni moderne sulle coste del Mediterraneo e della multiculturalità”. Quello di cui però si parla, è un concetto multiculturale che, come ricorda l’Associazione Rotta di Enea, che ha collaborato alla mostra, lega ogni civiltà alle altre. Chi l’Eneide ha invece letto o studiato con gli attenti occhi della Tradizione, sa però benissimo che la rotta di Enea è innanzitutto guidata dalla missione divina del “ritorno all’antica Madre“. Interrogando Apollo su quale sia la terra che gli è destinata dopo la fuga da Troia, Enea si sentì rispondere dall’oracolo: “Forti Troiani, la terra da cui traete origine, prima culla dei padri, vi vedrà ritornare nel suo seno materno, reduci. Su, cercate l’antica madre! Dove la casata di Enea, i figli dei suoi figli e i più tardi nipoti, domineranno uno spazio immenso di terra e di mare”. (Eneide, III, 115-119). 
 
Per l’Espresso, da Etruschi a etrurchi è un’attimo 
Ma in questo abominevole articolo, ispirato ad un altrettanto discutibile mostra, le penne di Repubblica azzardano pure altre vomitevoli devianze culturali, parlando delle radici turche della civiltà romana e degli Etruschi. Civiltà tutt’ora misteriosa e indagata da affascinanti studi e ricerche archeologiche, secondo i cervelloni de L’Espresso, i poveri Etruschi si stabilirono in Italia dopo un lungo viaggio dall’Anatolia in compagnia dei loro cavalli. Certo, certo. Tutto è possibile quando tra le fonti riportate dagli “scienziati” progressisti sono niente popo di meno che il romanzo di Giorgio Caponetti: “Venivano da lontano”. Pur essendo un romanzo storico gradevole ed entusiasmante, il fortunato libro offre però alcune fantasie e deduzioni nate dalla stessa elaborazione delle storie di Caponetti e non certo da comprovate documentazioni storiche. 
 
La cultura nel gabinetto in ceramica 
Fortunatamente l’articolo di Angiola Codacci-Pisanelli è abbastanza breve e non ha modo di inoltrarsi ulteriormente nei tornanti più etlici della schizofrenia progressista. Ancora una volta però, come film e romanzi possono deviare o cancellare la conoscenza storica, anche questo articolo che ne è esempio lampante, verrà purtroppo letto da migliaia di lettori che barcolleranno sostenendo le nostre improbabili origini turche. Ma a dispiacere maggiormente, è il pensare a giovani studenti ignari, che nelle proprie ricerche scolastiche troveranno una simile cloaca di merda su Google senza magari predisporre dei corretti anticorpi per contrastarla. Speriamo almeno, con tutto il nostro cuore virgiliano, che maestri e professori ripongano nel giusto cassetto tale scempio. E soprattutto che tirino l’acqua al termine della seduta. 
 
1 Febbraio  2023