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Sorpresa, gli americani si sono stufati della propaganda Lgbt 
di Ninni Raimondi
 
 
Sorpresa, gli americani si sono stufati della propaganda Lgbt: ecco i dati che smascherano l’ipocrisia correct 
 
Il 71% degli americani è convinto che ci siano solo due generi. Maschile e femminile, per chi fosse distratto. Questo dato è da considerarsi sorprendente soltanto se si rimane nell’ottica comunicativa predominante, quella del cosiddetto comparto mainstream, ossia del conglomerato mediatico che riassume in sé tutti i principali dogmi – perché di questo si tratta – del sistema progressista politicamente corretto. I dati raccolti dal prestigioso ente di ricerca Rasmussen dimostrano, ancora una volta, quanto possa essere efficace l’operazione di distorsione della realtà, o del suo percepito. Sono dati che ci rivelano quanto la propaganda Lgbt non piaccia ai cittadini americani.  
 
Propaganda Lgbt, le risposte ai quesiti svelano il volto nascosto: quello della realtà 
Alla domanda “sei d’accordo che esistano due generi. Uno maschile e uno femminile?” il 71% degli intervistati ha risposto affermativamente, rispetto al 23% in disaccordo, di cui solo il 10% di quest’ultimi in netto disaccordo. Dato impressionante rispetto a quanto propagandato quotidianamente dall’intero apparato mediatico, culturale, politico ed economico americano-occidentale. 
Il sondaggio si fa sempre più interessante man mano che si scava. Se il responso è pressoché equivalente tra uomini e donne, è tra i più giovani che arrivano riscontri a sorpresa: nella fascia che va dai 18 ai 39 sono ben il 63% a concordare che esistano, solo, due generi, mentre a discordare sono il 29% e di questi soltanto il 16% è fortemente renitente ad accettare che esistano solo due generi.  
Molto interessante anche il riscontro legato alle appartenenze politiche dichiarate. Se tra i repubblicani vince nettamente (72%) l’opinione di coloro che sostengono che esistano due generi, quello che dovrebbe far travalicare l’intero apparato progressista è il riscontro dell’elettorato democratico: il 67% è sulla stessa linea dei repubblicani. 
 
Terapia ormonale e cambio di sesso per i minori 
La questione del cambio di sesso dei minori è un altro terreno di scontro negli Usa, dove molti stati hanno deciso di bandire la pratica dalla loro giurisdizione. Si pensi al solo caso del Tennessee, di cui abbiamo parlato, e alla successiva strage di Nashville, ad opera della transessuale Audrey Hale della quale ancora stiamo aspettando la pubblicazione del famoso manifesto, ad oggi nelle mani dell’FBI. 
Al quesito “alcuni stati hanno recentemente approvato leggi che rendono illegale la somministrazione della hormone replacement therapy (erapia ormonale per bloccare la pubertà spesso utilizzando il farmaco Triptorelin) ai minori. Siete d’accordo o in disaccordo con queste decisioni?” Il 59% degli intervistati si è detto concorde a fronte del 37% del campione. Ma la cosa più interessante è che lo stesso quesito era stato posto anche a febbraio e la quota di intervistati a favore delle leggi che rendono illegale la terapia è salita del 5% in soli quattro mesi. 
Secondo Mark Mitchell, capo analista della Rasmussen Report, la ragione potrebbe stare anche nell’iniziativa di boicottaggio ai danni della campagna pubblicitaria iperprogressista della birra Bud Light la quale, come noto, ha assunto il trans Dylan Mulvaney. Insomma, per ironia della sorte sembra essere la stessa campagna pubblicitaria delle grandi corporation pro-trans come la titanica Anheuser-Busch (e la recentissima Target) a sortire, nell’elettorato americano, un immediato riscontro di rigidità e repulsione nei confronti delle “sorti magnifiche e progressive”. 
 
L’istituto sondaggistico continua ad affondare le mani nella melma e vuole saperne di più in merito alle operazioni chirurgiche per il cambio di sesso. “Alcuni stati hanno approvato leggi che rendono illegale il cambio di sesso, tramite intervento chirurgico, per i minori. Siete d’accordo o in disaccordo con queste leggi?” Il 62% degli intervistati è favore delle suddette leggi restringenti, rispetto a un 30% sfavorevole. Una maggioranza schiacciante. Anche in questo caso, rispetto a quattro mesi prima, il balzo in favore del restringimento giuridico è di ben quattro punti. Estrapolando i dati di affiliazione partitica, anche in questo caso, si nota la preponderante presa di posizione dei repubblicani (73%) e il sorprendente 56% dei democratici. A fronte di tutto questo solamente il 20% dell’elettorato liberal è fortemente contrario alla messa fuori legge delle operazioni di cambio sesso per i minori. 
Il concetto di libertà personale, come ben noto, è un caposaldo costituzionale ed esistenziale dell’americano medio e le istanze progressiste hanno portato al centro anche la questione del consenso genitoriale di fronte all’incedere dell’agenda gender entro le scuole. E’ sempre Rasmussen a offrirci una prospettiva disvelatrice. Al quesito “le scuole e gli insegnanti dovrebbero essere autorizzati a consigliare gli studenti sulla loro identità sessuale e di genere senza la conoscenza e il consenso dei genitori?”, il no prevale per il 60%. Anche in questo caso la doppia faccia dei liberal si svela: il 44% dei democratici è contraria. Pietra tombale finale sull’ipocrisia di un mondo che, ad ogni latitudine, è ancora convinto di una inconcepibile superiorità morale. Ci si chiede chi o cosa li abbia mai convinti. Complessi di inferiorità ed egemonia economico-culturale potrebbero giocare un ruolo decisivo. Restiamo in attesa di un sondaggio Rasmussen in merito. 
 
Infine, è molto interessante il dato etnico-razziale in cui si evince che il 64% dei neri è nettamente contrario alla propaganda LGBTQ+ nelle scuole, a fronte di un esiguo 16% a favore. Il discorso cambia tra i bianchi in cui a fronte di un compatto 60% contrario, risulta essere più nutrita la componente favorevole: 26%. 
Stiamo assistendo a un evidente cambio della pubblica opinione americana riguardo il transgenderismo. Difficile dire quanto questo irrigidimento possa durare, che il combinato disposto di wokeness e interessi economici, nel suo bulimico incedere, possa aver sortito un effetto imprevisto rientra nell’ordine naturale delle cose, rimane da capire come l’intero comparto neo-progressista radicale voglia riposizionarsi.  
 
Una cosa è certa: la realtà non è un film della Disney. Indipendentemente dalle favole che ci raccontano. 
 
5 Giugno  2023